Acquisto la farmacia: quando recupero l’investimento?

Quanto vale una farmacia? Bella domanda, no? Spesso le operazioni di compravendita vengono assistite da fior di consulenti; ma quando mi è capitato di fare una chiacchierata con gli acquirenti ho dovuto sopportare una sensazione di assoluta sprovvedutezza. Al massimo ricevo risposte legate ai rendimenti passati, senza alcuna valutazione delle proiezioni economiche aziendali.

Non ho mai compreso a fondo il perché il farmacista non si ponga questa domanda al momento dell’investimento per l’acquisto della farmacia. La realizzazione di un sogno distrae dalla razionalità dei calcoli? Per di più, dichiarare il valore di un’azienda sulla base del fatturato è un nonsenso ideologico e lo si può perdonare solo per la sua facilità d’impatto. Ma c’è il risvolto della medaglia. Ho parlato di facilità, non di semplicità e la facilità è spesso un modo per nascondere la complessità.
Nel mio libro Farmacisti di Successo propongo un calcolo che considera i principali fattori quantitativi in gioco (non certo quelli di natura psicologica), che intendo qui riproporre aggiornando i dati all’attualità. Ma procediamo per step.

I fattori che prendo a riferimento ci aiuteranno a calcolare in prima istanza ciò che ci interessa; poi a ciascuno di voi, secondo i propri interessi, toccherà cimentarsi stimando l’effetto di alcune variabili qui non prese in considerazione:

  1. nel passaggio di proprietà e in tutto il periodo successivo oggetto della presente valutazione stimo, per semplicità, che l’andamento economico resti costante nel tempo e che ricavi e profitti derivanti si adeguino né più né meno all’inflazione;
  2. durante l’intero arco temporale in esame (20 anni) si presume non sia necessario effettuare altri investimenti;
  3. l’inflazione è pari, in media, all’1% annuo.

Ed ecco il caso: acquisto una farmacia per 1.500.000 euro, con ricavi annui di 1.300.000 milioni. Per la metà della spesa (750.000 euro) sottoscrivo un mutuo ventennale, al tasso fisso del 1,5%, per l’altra metà investo il capitale di mia proprietà che rendeva l’1% annuo, percentuale pari al tasso d’inflazione. Le previsioni economiche fanno ragionevolmente pensare a profitti che, al netto delle imposte (anche personali), registreranno un valore del 3% dei ricavi. Entro quanto tempo recupererò i soldi investiti?

DATI DI PARTENZA

PREZZO D’ACQUISTO € 1.500.000
di cui MUTUO a 20 anni € 750.000 1,5% tasso fisso
di cui INVESTIMENTO PERSONALE € 750.000 rendimento 1%
INFLAZIONE MEDIA 1%
RICAVI MEDI ANNUI € 1.300.000
UTILI NETTI MEDI ANNUI € 39.000 3%

A. Incominciamo dal fronte delle uscite finanziarie: all’atto dell’acquisto sborso complessivamente 1.500.000 euro. Poi, ogni anno, pago un interesse scalare (cioè calcolato sul capitale residuo da rimborsare) dell’1,5% su un mutuo da 750.000 euro, e questo mi condurrà in 20 anni a pagare interessi per circa 118.500 euro. Al termine avrò restituito alla banca un montante complessivo di circa 868.500 euro che, sommato al capitale proprio investito, portano il totale a € 1.618.500 circa.

B. Passiamo adesso ai mancati introiti: se per 20 anni investo all’interesse composto dell’1% la somma di 750.000 euro, ottengo un capitale finale di circa 915.000 euro. Quindi, gli interessi ottenibili assommano a circa 165.000 euro ma, essendo nel nostro caso il rendimento del capitale pari al tasso d’inflazione, ciò significa che questo provento mantiene semplicemente inalterato il potere d’acquisto del patrimonio inizialmente investito.

C. Infine, valutiamo i guadagni derivanti dalla gestione della farmacia: il 3% di utili su ricavi pari a 1.300.000 euro ammontano a 39.000 euro l’anno, che possiamo suddividere in 2.000 euro mensili netti per 13 mensilità (26.000 euro, pari al 2% dei ricavi), quale emolumento per il contributo lavorativo del titolare, e 13.000 euro rimanenti (1% dei ricavi) che sono destinati a remunerare il rischio d’impresa. Anche in questo caso l’effetto dell’inflazione potrebbe erodere la profittabilità nel tempo della farmacia, ma al primo punto delle premesse fatte ho ipotizzato per semplicità che, a ricavi pur formalmente crescenti (+1% annuo, in linea con l’inflazione), l’incidenza del 3% di utile venga sempre garantito, così da poter considerare nominalmente rivalutati i risultati d’esercizio negli anni ma sostanzialmente equivalenti nel loro potere d’acquisto.

Adesso confrontiamo la remunerazione del rischio d’impresa con il rendimento di impieghi alternativi. Da un lato ho l’ammontare degli utili d’esercizio di 20 anni (per la quota parte di 1/3 che remunera il capitale investito per l’acquisto della farmacia), annualmente rivalutati del tasso inflattivo dell’1%; la loro sommatoria, pertanto, arriva poco oltre i 286.000 euro. Dall’altro, ho i 165.000 euro di interessi e/o dividendi su impieghi alternativi a cui ho rinunciato (anche in tal caso la somma rappresenta il cumulo degli interessi, a capitalizzazione composta).

La differenza è di 121.000 euro, a favore dell’acquisto della farmacia, che rispetto all’investimento di 750.000 euro rappresenta poco più del 16%. Orbene, ciò significa che in 20 anni ho recuperato poco meno di un sesto dell’impegno iniziale e, per completezza, atteso che il capitale personale investito dopo 20 anni diventa un montante di 915.000 euro il rapporto, con i valori a fine periodo in esame, scende a poco più del 13%. Se poi dividiamo il rendimento di 121.000 euro per le uscite complessive (capitale versato rivalutato, prestito bancario e interessi pagati: 915.000+750.000+118.500 = 1.783.500 euro), l’incidenza che ne risulta scende a quasi il 6,8%.

Pertanto, il valore di 1.500.000 euro iniziale (anno N) proiettato all’anno N+20, arriva complessivamente a 1.783.500 euro, tra rivalutazione di 165.000 euro della quota personale e interessi del mutuo per 118.500. Di tale somma ho recuperato 286.000 euro, per una differenza rimanente di 1.497.500 euro. In altre parole, gli utili annui che premiano il rischio d’impresa praticamente equivalgono alla somma dei mancati introiti da impiego dei miei risparmi e degli interessi su mutuo.

Pertanto, a quanto si dovrebbe vendere la farmacia alla scadenza dei 20 anni, volendo recuperare il potere d’acquisto di tutta l’operazione? Con i valori ipotizzati, esattamente al prezzo iniziale d’acquisto; che a causa dell’inflazione sarà sempre meno del 1.500.000 euro iniziali, tuttavia ciò rappresenta una magra consolazione! Infatti, sarò pur andato pressappoco in parità, ma i patemi d’animo restano i miei e mi sarò assicurato un lavoro a 2.000 euro mensili, più tredicesima. Quanto ne valga la pena investire nell’acquisto della farmacia dipende, con tali valori, esclusivamente da componenti psicologico-affettive ovvero da un vero e proprio progetto d’impresa che sappia incrementarne sostanzialmente il valore nel tempo.

VALORE DI CESSIONE IDONEO A RECUPERARE L’INVESTIMENTO INIZIALE

CAPITALE PROPRIO INVESTITO (A) € 750.000
MANCATI GUADAGNI SUL CAPITALE PROPRIO (B) € 165.000
CAPITALE PRESO IN PRESTITO (C) € 750.000
INTERESSI PASSIVI PAGATI (D) € 118.500
UTILI REMUNERATIVI L’INVESTIMENTO (E) € 286.000
TOTALE (A + B + C + D – E) € 1.497.500

 


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