Un vecchio farmaco (Terazosina) per la prostatite potrebbe fermare il morbo di Parkinson

Dai risultati di un nuovo studio condotto da un team di ricercatori University of Iowa, arriva una nuova speranza di cura per i pazienti affetti dal morbo di Parkinson.

Infatti, secondo gli scienziati, un farmaco comunemente prescritto per trattare l’ipertrofia prostatica benigna, la Terazosina, potrebbe rallentare il decorso del morbo di Parkinson, ostacolando la neurodegenerazione e la perdita di cellule nervose: potrebbe addirittura prevenire la malattia.

Gli esperti hanno compreso il potenziale della molecola vedendo che ha un’azione su un enzima importantissimo per il benessere delle cellule, ‘PGK1‘, che serve per produrre energia.

Disfunzioni a suo carico sembrano avere un ruolo nei processi neurodegenerativi. Di qui l’idea di testarlo su animali con Parkinson.

“Quando abbiamo testato il farmaco su vari modelli animali di malattia, tutti hanno manifestato dei miglioramenti – ha spiegato Lei Liu, uno degli autori -. La coordinazione motoria degli animali è migliorata e contemporaneamente anche i segni molecolari della neurodegenerazione”.

Gli esperti hanno visto che il farmaco preveniva la neurodegenerazione se somministrato prima dell’esordio della malattia; rallentava o fermava del tutto i processi neurodegenerativi se somministrato dopo il loro esordio.

Gli studiosi hanno infine esaminato un database di pazienti con Parkinson vedendo che chi assumeva Terazosina per la prostata mostrava una prognosi migliore rispetto a coloro che assumevano, un altro farmaco per la prostata con differente meccanismo d’azione.

Il prossimo passo è dunque testare la Terazosina su pazienti con Parkinson per vedere se il farmaco è in grado di migliorare il quadro della malattia e rallentarne il decorso.

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