Psicologo in farmacia, un costo o un’opportunità?

Quella dello psicologo in farmacia è fra le tante attività sbandierate dalla “Farmacia dei servizi” ma potrebbe diventare un boomenrang se non verrà gestita come dovrebbe e soprattutto generare malumori in una categoria che negli ultimi anni ha dovuto adattarsi al cambiamento, subire e reinventarsi.

Nelli scorsi giorni, presso il Consiglio Nazionale Ordini Psicologi, sono state approvate le linee di indirizzo per lo psicologo in farmacia, con la partecipazione del Ministero della Salute, di Assofarm, di alcuni Ordini provinciali degli psicologi e di Federfarma, con il delegato Luigi Zocchi, segretario di Federfarma Lombardia.

L’accordo prevede la possibilità di avvalersi della collaborazione di uno psicologo ospitato negli spazi della farmacia, in grado di accogliere e recepire i bisogni degli utenti, supportandoli e promuovendo comportamenti atti a favorire un ottimale stato di salute, mentale ma anche fisico.

Fin qui nulla di nuovo o di sbagliato, ma quello che lascia perplessi molti farmacisti e la modalità di remunerazione del professionista che come spiegato chiaramente nelle linee d’indirizzo approvate, dovrebbe essere a carico del farmacista, a fronte di un servizio offerto gratuitamente ai cittadini.

La spesa a carico della farmacia creerebbe delle disparità fra i farmacisti che potranno, per ragioni di fatturato o di una posizione più favorevole, affrontare il costo del professionista e aggiungere un valido servizio per la propria utenza. Di contro, ci saranno farmacie rurali o della periferia urbana che non potranno permetterselo e forse sono quelle in cui ce ne sarebbe un’esigenza maggiore.

Nell’accordo si parla di finanziamento economico alternativo attraverso enti o associazioni, qualora a pagare lo psicologo non fosse il farmacista. Zocchi, fa sapere come a Varese, la città in cui è presidente di Federfarma, il servizio funzioni molto bene pur rimanendo a costo zero per l’utenza e per il farmacista.

“Nella mia provincia il servizio è gratuito perché le farmacie ricevono un contributo da parte dell’ ATS (vecchia ASL) e da una scuola di psicoterapia che ci tiene a favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei propri studenti. Le ATS hanno accolto di buon grado i dati degli scorsi anni, rispetto all’utilizzo dello psicologo in farmacia. Numeri che parlano chiaro: oltre il 60% delle persone che hanno richiesto una consulenza ai professionisti all’interno della farmacia, non l’avevano mai fatto prima, in nessun altra struttura.”

Un accordo di questo tipo c’è anche a Roma, dove, a coprire il costo dello psicologo è un’azienda di servizi alle farmacie comunali, ma sono le uniche realtà “fortunate” in tutto lo stivale. Forse però sarebbe il caso di stipulare una convenzione nazionale, in grado di consentire a tutte le province, anche quelle più periferiche e disagiate, di ottenere un contributo o un rimborso dalle Aziende Sanitarie Locali, considerato il fatto che si tratterebbe di risorse in ambito sociale e non farmaceutico.

Christian Petrelli

CORRELATI