Sclerosi Multipla: nuove opzioni terapeutiche per i pazienti

Approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco la rimborsabilità di Mayzent (siponimod), il primo trattamento orale specificamente indicato per i pazienti affetti da sclerosi multipla secondariamente progressiva (SMSP) con malattia con segni di attività che fino ad oggi non disponevano di una terapia efficace nel ritardare la progressione della malattia1.

Kesimpta (ofatumumab), la prima terapia autosomministrata, mirata alle cellule B e indicata per pazienti adulti con sclerosi multipla recidivante, ha ricevuto l’approvazione EMA, rispondendo all’attuale bisogno insoddisfatto di una terapia modificante la malattia (DMT) ad alta efficacia che combini efficacia e un profilo di sicurezza favorevole con la flessibilità dell’autosomministrazione a casa tramite la penna Sensoready2,3.
La sclerosi multipla, che colpisce in Italia oltre 126mila persone, è caratterizzata da alterazioni fisiche e cognitive che, nel corso del tempo, portano ad un accumulo di disabilità cognitiva e fisica a carico del paziente a cui corrisponde una spesa socio-sanitaria media annua pro-capite di 45.000 euro.

Lo studio di Fase III EXPAND rappresenta il più ampio studio randomizzato e controllato condotto ad oggi sulla SMSP e ha dimostrato il profilo di efficacia e di sicurezza di siponimod. I risultati ottenuti hanno confermato che il rischio di progressione della disabilità confermata (CDP) a tre e a sei mesi, nei pazienti con malattia con segni di attività, è stato significativamente ridotto rispettivamente del 31% e del 37% nel gruppo trattato con siponimod in confronto a placebo. Risultati significativi sono stati anche rilevati per quanto riguarda il tasso annualizzato di recidive (ARR), l’attività della malattia alla risonanza magnetica e la perdita di volume cerebrale. Ulteriori analisi esplorative hanno dimostrato che siponimod può aiutare i pazienti a ritardare in media più di quattro anni l’utilizzo della sedia a rotelle14 e determina inoltre un beneficio importante anche sulle funzioni cognitive dimostrando effetti clinicamente rilevanti sulla velocità di elaborazione cognitiva valutata attraverso il Symbol Digit Modalities Test (SDMT) 5,6,7.
“Questo è possibile perché siponimod grazie al suo meccanismo d’azione esplica una duplice efficacia, agendo sia sull’infiammazione proveniente dalla periferia e prevalentemente guidata dai linfociti, sia sull’infiammazione centrale compartimentalizzata che si instaura all’interno del sistema nervoso centrale ed è uno dei principali driver della progressione secondaria in SM – ha spiegato il Dottor Luigi Lavorgna, Neurologo AOU Università «Luigi Vanvitelli», Chair del Gruppo di Studio “Digitale” della Società Italiana di Neurologia – Siamo di fronte ad un trattamento innovativo che ci fa sperare in un miglioramento sia nelle cure che nella qualità di vita delle persone con SM per le quali è estremamente importante ritardare la progressione della disabilità e che fino ad oggi non disponevano di una terapia efficace”.

Ofatumumab è la prima terapia mirata contro i linfociti B che ha dimostrato un’efficacia superiore e un profilo di sicurezza simile a teriflunomide, a oggi uno dei trattamenti di prima linea per la SM. I due studi gemelli di Fase III
ASCLEPIOS I e II, su cui si basa l’approvazione UE, hanno dimostrato una riduzione delle ricadute annuali di oltre il 50% rispetto a teriflunomide e una riduzione del rischio relativo di progressione della disabilità a 3 mesi superiore al 30%2.

Ofatumumab potrà, inoltre, essere autosomministrato una volta al mese direttamente a casa, e si candida quindi a diventare un’opzione di trattamento di prima scelta per i pazienti con forme recidivanti di sclerosi multipla (RMS). Dopo l’approvazione EMA, che segue quella di FDA negli Stati Uniti, si attende quella di AIFA per rendere disponibile il trattamento anche per i pazienti italiani.

“L’efficacia unita alla flessibilità e facilità di somministrazione di ofatumumab lo rendono un potenziale trattamento di prima scelta per aiutare a migliorare la qualità della vita delle persone che vivono con la SM. Facilitando loro l’accesso alla terapia può infatti portare a dei benefici sia nel breve che nel lungo termine oltre ad avere un impatto nel ridurre potenzialmente i costi medici associati alle terapie infusionali – ha commentato la Professoressa Marinella Clerico, Responsabile SD Patologie.

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