Allarme antimicrobico-resistenza: in Italia 7.950 morti l’anno
L’antimicrobico-resistenza non è più solo un problema ospedaliero, ma si sta diffondendo anche nella comunità, con un impatto sempre più grave sulla salute pubblica.
A lanciare l’allarme sono gli infettivologi riuniti al XXIV Congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), che si chiude oggi a Riccione dopo quattro giorni di lavori con oltre 1.200 specialisti da tutta Italia.
I numeri sono allarmanti. Secondo il Global Antibiotic Resistance Surveillance Report 2025 dell’OMS, il 17% dei microrganismi responsabili di infezioni presenta resistenza alle terapie antimicrobiche a livello globale, con un 10% in Europa occidentale.
Nel periodo 2018-2023 si è registrato un aumento del 15% di Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi e del 6% di Escherichia coli resistente.
Particolarmente preoccupante l’incremento delle resistenze nelle patologie di comunità: +14% per la Salmonella resistente alla ciprofloxacina e quasi +30% per la Shigella.
L’Italia paga un prezzo pesante: circa 7.950 decessi sono direttamente attribuibili all’antimicrobico-resistenza, con oltre 33mila morti associati a infezioni da germi multiresistenti, secondo le stime del 2021.
“L’antimicrobico-resistenza non riguarda più solo l’ospedale, ma anche la comunità”, spiega il prof. Pierluigi Viale, membro del Comitato di Presidenza del Congresso SIMIT.
“Uno studio condotto presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano, ad esempio, ha mostrato che oltre il 13% delle batteriemie diagnosticate in comunità è causato da germi multiresistenti.
L’impatto dell’AMR è particolarmente grave nei pazienti fragili e immunodepressi. Una recente review pubblicata su Lancet Oncology, basata su oltre 16mila studi, stima che nei pazienti immunodepressi la quota di infezioni da germi multiresistenti raggiunga circa il 35%, con valori superiori al 40% per ceppi produttori di ESBL, Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) e Acinetobacter baumannii. Nei lavori che riportano dati di esito, l’infezione da germe multiresistente comporta un rischio di mortalità fino a dieci volte superiore rispetto ai pazienti non immunodepressi. L’Italia è tra i Paesi europei più colpiti: secondo le stime del 2021, si registrano circa 7.950 decessi direttamente attribuibili all’antimicrobico-resistenza e oltre 33mila associati a infezioni da germi multiresistenti.
Questi dati rilevanti sono dovuti alla demografia del nostro Paese, il più anziano d’Europa, e a un servizio sanitario particolarmente etico, che si prende carico di tutti i cittadini”.
A destare particolare preoccupazione sono i risultati del progetto “Insieme”, sviluppato da SIMIT in collaborazione con il Ministero della Salute nell’ambito del Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza.
Il primo studio, pubblicato nel 2025 su Scientific Reports e condotto su 38 ospedali italiani, ha evidenziato forti disomogeneità territoriali nell’implementazione dei programmi di controllo delle infezioni.
“I risultati mostrano una forte disomogeneità territoriale”, spiega Marianna Meschiari del Policlinico di Modena.
“Ad esempio, il monitoraggio strutturato dei consumi antibiotici è presente in oltre il 90% degli ospedali del Nord, ma solo in poco più del 20% al Sud.
La sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza è strutturata in meno del 16% delle strutture a livello nazionale. Questi dati rappresentano una base fondamentale per interventi mirati.
L’antibiotico-resistenza, infatti, non si combatte con una singola azione, ma con organizzazione, raccolta dati e lavoro di squadra”.
Gli esperti sottolineano la necessità di passare dalle linee guida alla pratica clinica strutturata. “L’infection control e l’uso appropriato degli antibiotici funzionano, se applicati in modo sistematico possono dare buoni risultati”, afferma Angelo Pan.
“Il Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza del Ministero della Salute ha fornito una cornice importante, ma oggi è fondamentale trasformare queste indicazioni in interventi obbligatori e omogenei sul territorio.
Screening, igiene delle mani, isolamento dei pazienti e stewardship antimicrobica non possono dipendere solo dalla sensibilità dei singoli: servono obiettivi chiari a livello di tutto il SSN, sistemi di sorveglianza e un monitoraggio continuo dei risultati”.
Nel 2026 partiranno nuovi sottoprogetti del programma “Insieme” dedicati alle infezioni del sito chirurgico, alla colonizzazione da batteri resistenti ai carbapenemi e al miglioramento dell’igiene delle mani.
Lo scenario globale resta allarmante: secondo il Global Sepsis Network, nel 2021 sono stati registrati oltre 160 milioni di casi di sepsi nel mondo con circa 15 milioni di decessi.
L’OMS stima che almeno una infezione su sei sia oggi causata da un germe resistente e che l’antimicrobico-resistenza potrebbe causare entro il 2050 fino a 10 milioni di morti l’anno a livello globale.