Tumore al seno: Nuove soluzioni terapeutiche e maggiore qualità della vita per le pazienti

Terapie sempre più innovative e mirate = sempre più tempo di qualità per le pazienti. È questa l’equazione che muove la ricerca scientifica nel trattamento del tumore al seno metastatico, condizione sviluppata in quasi un caso su tre con diagnosi di carcinoma mammario in fase iniziale e che solo in Italia riguarda ben 37.000 donne.

Tra i farmaci di ultima generazione per contrastare le metastasi generate dallo diffusione delle cellule tumorali dal seno ad altre parti del corpo (fegato, cervello, ossa, polmoni), si stanno rivelando particolarmente efficaci gli ADC, acronimo di Antibody-Drug Coniugates. Questi farmaci-anticorpo coniugati sono capaci di riconoscere le cellule tumorali sfruttando i recettori presenti sulla loro superficie per poi attaccarle e distruggerle dall’interno rilasciando una sostanza chemioterapica in modo selettivo.

Questa innovativa e strategica azione antitumorale contraddistingue anche sacituzumab govitecan, un ADC che da oggi vede ampliato il suo campo di impiego. Oltre a essere stato autorizzato il suo utilizzo già in II linea per il tumore al seno triplo negativo metastatico (mTNBC), la forma biologicamente più aggressiva di tutte, questo innovativo farmaco rappresenta ora un’opzione terapeutica disponibile anche per le pazienti con carcinoma mammario metastatico HR+/HER2-, che cioè risulta positivo all’espressione dei recettori ormonali HR (estrogeno o progesterone), mentre esprime poche o nessuna proteina HER2 (recettore 2 del fattore di crescita umano).

Il tumore al seno HR+/HER2- (HR-positivo, HER2-negativo) costituisce circa il 70% di tutte le diagnosi di carcinoma mammario ed è caratterizzato da una maggiore probabilità di sviluppare metastasi ossee, con nella malattia metastatica un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 34%.

“In Italia si contano ogni anno circa 6-8.000 nuovi casi di tumore metastatico HR+/HER2-, che riguardano pazienti generalmente in buone se non ottime condizioni cliniche, quindi pienamente candidate, salvo eccezioni, a un trattamento con ulteriori linee terapeutiche -, illustra il Prof. Michelino De Laurentiis, Direttore Dipartimento Corp-S assistenziale e di ricerca dei percorsi oncologici del Distretto Toracico Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli -. Recentemente l’opzione preferibile consiste nell’impiego dei coniugati farmaco-anticorpo (ADC), che in vari lavori di ricerca hanno dimostrato di essere più efficaci e spesso meglio tollerati rispetto alla chemioterapia”.

“In particolare, il farmaco sacituzumab govitecan – continua De Laurentiis – risulta indicato nelle pazienti con carcinoma mammario metastatico HR+/HER2- che hanno praticato almeno una linea endocrina e almeno due linee di chemioterapia.

I vantaggi del suo utilizzo rispetto alla tradizionale terapia chemioterapica sono stati evidenziati dallo studio TROPiCS-02: sacituzumab govitecan ha migliorato la PFS (Progression-Free Survival), riducendo il rischio di progressione della malattia di circa il 34%, e ha prolungato la sopravvivenza, riducendo il rischio di decesso di circa il 21%”.

“Inoltre, ed è un dato tutt’altro che secondario, ha migliorato in maniera statisticamente significativa la qualità di vita delle pazienti in termini sia di GHS (un indice globale di qualità di vita) sia di Fatigue (astenia). Per questi risultati sacituzumab govitecan è considerato dalle linee guida ESMO (European Society for Medical Oncology) un trattamento preferenziale per le donne colpite da tumore del seno metastatico HR+/HER2-“, conclude.

Anticipare le cure con trattamenti mirati e quindi più efficaci risulta ancora più importante contro il tumore al seno metastatico triplo negativo (mTNBC): se il tasso generale di sopravvivenza a 5 anni nel carcinoma mammario metastatico è del 29%, per l’mTNBC è infatti del 12%.

L’estensione dell’impiego già in II linea del trattamento con sacituzumab govitecan contro questa forma di tumore rappresenta allora un’importante opportunità per le donne che ne sono colpite, aprendo nuove prospettive di vita e di qualità della stessa.

“Fino a poco tempo fa questo farmaco era disponibile solo in III linea (cioè, dopo due cicli chemioterapici), salvo eccezioni per le pazienti con recidiva precoce, ovvero entro un anno dalla fine della chemioterapia. Ma i dati scientifici hanno evidenziato che sacituzumab govitecan può essere utilizzato già in II linea e questo consente di mettere in atto un trattamento in una fase più precoce della malattia, quando le possibilità di risposta sono maggiori”, spiega Lucia Del Mastro, direttore della Clinica di oncologia medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e professore ordinario di Oncologia Università di Genova.

“Nello studio ASCENT che ha portato alla sua iniziale approvazione, sacituzumab govitecan ha dimostrato di dimezzare il rischio di avere una progressione della malattia così come quello di morte rispetto alla chemioterapia standard. Nello specifico, questo innovativo farmaco ADC riconosce una proteina chiamata TROP-2, presente sulla superficie delle cellule del tumore mammario, per poi rilasciare all’interno delle stesse un agente chemioterapico (SN-38) che assicura un potente effetto antitumorale in modo selettivo, riducendo la tossicità sui tessuti sani circostanti. Si hanno così meno sintomi debilitanti per una migliore qualità della vita: un vantaggio oggi accresciuto dall’ampliamento dell’accesso, perché tutte le pazienti eleggibili possono entrare in terapia con sacituzumab govitecan dopo la prima linea, senza dover sottoporsi a un’ulteriore chemioterapia tradizionale con tutti i suoi indesiderati effetti collaterali”.

Non essendoci una cura definitiva, riuscire a controllare il tumore al seno metastatico allungando e migliorando la vita delle pazienti è un obiettivo condiviso dalla ricerca con le associazioni, che si battono anche per rendere le nuove terapie accessibili a tutte le donne e in tutta Italia.

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