Remdesivir. Ancora un passo indietro. L’ Aifa rispetta le indicazioni dell’OMS
All’inizio dell’emergenza Covid, il primo ospedale italiano che ha sperimentato l’uso del farmaco Remdesivir, è stato Policlinico San Martino di Genova che ottenne, dopo il pressing di alcuni parlamentari della Lega, l’autorizzazione ad essere inserito nella lista dei centri di sperimentazione. Il medicinale, prodotto dalla casa farmaceutica Gilead, è nato come farmaco contro l’Ebola, ma è stato tra i primi ad essere utilizzati “off label”, per la cura dell’infezione da coronavirus.
A giugno l’EMA ha approvato in tempi ridotti l’utilizzo dell’antivirale in Europa, grazie ad una particolare procedura impiegata durante le emergenze sanitarie. La Commissione europea ha concesso l’autorizzazione condizionata sul mercato di competenza. Di conseguenza anche la nostra Agenzia del farmaco ha chiarito i criteri e le raccomandazioni relative all’uso del Remdesivir: “Va utilizzato entro i dieci giorni dall’emergere dei sintomi e in soggetti con deficit respiratori”.
Ma, il Direttore Generale dell’Aifa Nicola Magrini, già a fine ottobre parlava di riposizionamento poichè, dopo la pubblicazione di ulteriori studi, è emersa un’efficacia minore del previsto.
Oggi l’Aifa ha comunicato ufficialmente una raccomandazione negativa rispetto alla terapia con l’antivirale dopo gli studi pubblicati sull’autorevole rivista indipendente “The British Medical Journal” e le conseguenti linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un indirizzo chiaro e inequivocabile da parte degli studiosi che sconsigliano il remdesivir ai pazienti ospedalizzati per Covid-19, a prescindere dalla gravità della malattia, perché al momento non
ci sono prove che migliori la sopravvivenza o la necessità di supporto di ossigeno.
Pertanto, la Commissione Tecnico Scientifica dell’Aifa, sta rivalutando il ruolo del remdesivir nella terapia contro Covid-19 e formulerà nuove raccomandazioni e/o disposizioni la prossima settimana per possibili restrizioni d’uso. Un tira e molla fatto di comunicazioni ad effetto e smentite che di sicuro non fa bene allo stato d’animo dei cittadini in attesa di una cura ufficiale.
Un clamore mediatico a cui ha contribuito anche il presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump, curato proprio con il farmaco della Gilead ma che ha, evidentemente, contribuito solo ad alimentare il facile entusiasmo, la confusione
e le teorie complottiste.
Christian Petrelli