Nessun legame tra l’uso di talco e tumore alle ovaie
Non vi è nessun legame tra la polvere di talco e il tumore alle ovaie. Lo ha stabilito un ampio studio condotto da scienziati del National Institute of Environmental Health Sciences, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Moffitt Cancer Center and Research Institute di Tampa (Florida), della prestigiosa Harvard TH Chan School of Public Health e di altri istituti statunitensi.
Durante lo studio, commissionato dal governo degli Stati Uniti, i ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 250mila donne.
Per decenni, molte donne negli Stati Uniti hanno usato polvere di talco per l’igiene genitale, attraverso l’applicazione diretta o tramite biancheria intima, ma il suo uso è diventato controverso a causa dei rischi di cancro riportati da alcuni studi.
Responsabili del tumore ovarico sono state ritenute le particelle di amianto contenute nella polvere di talco.
Nel 2018, l’azienda farmaceutica Johnson & Johnson è stata condannata (è in corso l’appello) a pagare 4,7 miliardi a 22 donne che avevano sostenuto di essersi ammalate per colpa della polvere di talco usata quotidianamente sulle parti intime, senza essere avvertite della pericolosità dell’uso frequente e di lunga durata.
Ma il collegamento è rimasto contestato a causa del basso numero e la poca affidabilità di studi condotti.
Nella nuova revisione di studi, i ricercatori hanno sintetizzato i dati di quattro grandi lavori precedenti condotti dal 1982 al 2017 e che comprendevano i dati di 252.745 donne, intervistate più volte nel corso del tempo su una serie di domande relative alla salute, compreso l’uso del talco.
Tra le donne, seguite per un periodo mediano di 11,2 anni, 2.168 hanno sviluppato il cancro ovarico.
Nessuna associazione statisticamente significativa è stata, però, trovata confrontando le donne che avevano usato talco e quelle che non l’avevano mai usato.
Né è stata trovata alcuna associazione significativa nel confrontare la frequenza o la durata dell’uso.
La rivista Jama ha pubblicato un editoriale in cui ha definito “solido” il metodo scientifico utilizzato e i risultati “complessivamente rassicuranti”.