Giornata mondiale dell’ictus: ogni minuto conta per salvare la vita

Il 29 ottobre si celebra il World Stroke Day. Riconoscere tempestivamente i sintomi può fare la differenza tra vita e morte, tra autonomia e disabilità permanente
Ogni tre secondi, da qualche parte nel mondo, una persona viene colpita da ictus. In Italia, nel 2022, le malattie cerebrovascolari hanno causato oltre 54mila decessi, rappresentando il 7,6% di tutte le morti registrate nel nostro Paese.
Numeri che rendono l’ictus non solo un’emergenza sanitaria individuale, ma una vera e propria questione di salute pubblica.
La campagna “Every M1nute Counts” della Giornata mondiale dell’ictus ribadisce un concetto fondamentale: il tempo è cervello. Più rapidamente si interviene in caso di ischemia cerebrale, maggiori sono le possibilità di salvare cellule cerebrali e limitare i danni permanenti.
I trattamenti di riperfusione raggiungono la massima efficacia se avviati entro 4,5-6 ore dall’esordio dei sintomi, rendendo cruciale il riconoscimento immediato dei segni d’allarme.
Per questo motivo è stato ideato l’acronimo FAST (veloce, in inglese), uno strumento mnemonico che permette a chiunque di identificare un possibile ictus in corso.
Face (faccia): si chiede alla persona di sorridere, osservando se un angolo della bocca rimane fermo o “cade”.
Arms (braccia): si invita ad alzare entrambe le braccia, verificando se una delle due non si solleva o non rimane allo stesso livello dell’altra. Speech (linguaggio): si fa ripetere una frase semplice, valutando se le parole risultano biascicate o prive di senso.
Time (tempo): se anche uno solo di questi segni è presente, bisogna chiamare immediatamente il 112 o il 118.
Tra gli altri sintomi che devono far scattare l’allarme ci sono l’improvvisa perdita di forza o sensibilità a un lato del corpo, difficoltà nel parlare o comprendere, disturbi visivi, perdita di coordinazione o un mal di testa violento e insolito.
In questi casi è fondamentale non aspettare che i sintomi migliorino spontaneamente, non contattare il medico di base e soprattutto non recarsi in ospedale con mezzi propri: il trasporto d’urgenza verso una Stroke Unit specializzata può salvare la vita.

L’ictus colpisce con maggiore frequenza dopo i 55 anni, con un’incidenza che aumenta esponenzialmente oltre i 65 anni. La mortalità si attesta tra il 20 e il 30% entro i primi trenta giorni dall’evento, raggiungendo il 40-50% a distanza di un anno.
Tra i sopravvissuti, il 75% presenta qualche forma di disabilità e nella metà dei casi si registra una perdita dell’autosufficienza, con pesanti ripercussioni non solo sul paziente ma anche sui familiari e sui caregiver.
Eppure l’ictus è in gran parte prevenibile. I principali fattori di rischio modificabili includono fumo, sedentarietà, alimentazione scorretta, sovrappeso, ipertensione, diabete, dislipidemie e fibrillazione atriale.
Adottare stili di vita salutari e tenere sotto controllo queste condizioni rappresenta l’arma più efficace per ridurre drasticamente il rischio di essere colpiti da questa patologia.
Negli ultimi decenni l’Italia ha fatto progressi significativi: grazie alla diffusione delle Stroke Unit su tutto il territorio nazionale e all’implementazione di reti e percorsi diagnostico-terapeutici dedicati, l’incidenza e la mortalità per ictus sono progressivamente diminuite.
Tuttavia l’invecchiamento della popolazione ha comportato un aumento della prevalenza e della disabilità correlata, con costi economici e sociali sempre più rilevanti.
Il Ministero della Salute continua a sostenere la prevenzione dell’ictus attraverso il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 e l’Alleanza italiana per le malattie cardio-cerebrovascolari, che riunisce società scientifiche, associazioni di pazienti e operatori sanitari per promuovere interventi coordinati di prevenzione e controllo.
Per i farmacisti, questa giornata rappresenta un’occasione per sensibilizzare i propri assistiti sull’importanza della prevenzione e del riconoscimento tempestivo dei sintomi, ribadendo che ogni minuto perso può fare la differenza tra una vita autonoma e una disabilità permanente.

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