Emoglobinuria parossistica notturna. Aifa approva rimborsabilità di iptacopan, prima monoterapia orale
L’Aifa ha approvato la rimborsabilità di iptacopan, la prima monoterapia orale, per il trattamento dell’emoglobinuria parossistica notturna (EPN) nei pazienti adulti che rimangono anemici dopo almeno tre mesi di terapia con un inibitore di C5 (C5i).
L’EPN è una patologia rara e cronica del sangue causata da una mutazione acquisita nelle cellule staminali ematopoietiche, che porta alla produzione di globuli rossi privi di proteine protettive, rendendoli vulnerabili alla distruzione prematura da parte del sistema del complemento, sia all’interno dei vasi sanguigni (emolisi intravascolare – IVH), sia nel fegato e nella milza (emolisi extravascolare – EVH); l’emolisi costante potrebbe causare trombosi, anemia, fatigue e altri sintomi.
L’EPN viene spesso diagnosticata in persone giovani, di età compresa tra i 30 e i 40 anni; la patologia ha un impatto significativo sulla salute fisica, sul benessere emotivo e sulla vita sociale dei pazienti. In Italia si stimano circa mille persone con diagnosi di EPN e circa un terzo di loro necessita di una terapia dell’anti-complemento.
Nonostante i progressi, nella gestione terapeutica dell’EPN persistono esigenze cliniche non ancora pienamente soddisfatte. Fino all’82% dei pazienti con EPN in terapia con C5i può presentare un’anemia persistente, di cui il 23-39% rimane dipendente da trasfusioni di sangue.
Il nuovo farmaco è il primo inibitore selettivo del fattore B e agisce in modo mirato sulla parte prossimale del sistema del complemento, controllando sia l’emolisi intravascolare che quella extravascolare.
A supporto della decisione AIFA sulla rimborsabilità della nuova terapia ci sono i solidi dati dello studio di Fase III APPLY-PNH, condotto su pazienti con anemia residua (emoglobina <10 g/dL) nonostante un precedente trattamento con C5i, passati al nuovo trattamento. Lo studio ha dimostrato la superiorità nel miglioramento dei livelli di emoglobina in assenza di trasfusioni di globuli rossi e nel tasso di prevenzione delle trasfusioni rispetto ai pazienti che hanno mantenuto il trattamento con C5i.