Cheratite da Acanthamoeba: il primo farmaco salva-vista esiste ma non è accessibile in Italia

Esiste finalmente il primo farmaco al mondo per trattare la cheratite da Acanthamoeba, una grave infezione oculare che può causare la perdita della vista, ma paradossalmente non è ancora disponibile per i pazienti italiani.
L’allarme arriva dal 23esimo Congresso dell’International Society of Cornea, Stem Cells and Ocular Surface (SICCSO) in corso a Grosseto.

Li chiamano i “guerrieri AK“, sono principalmente giovani colpiti da questa patologia rara ma devastante.
La cheratite da Acanthamoeba colpisce soprattutto chi usa lenti a contatto in modo scorretto, specialmente durante i mesi estivi quando si fa il bagno in piscina, mare, lago o anche sotto la doccia senza rimuoverle.

La vita è stravolta perché al dolore lancinante si unisce la fotofobia e l’unica alternativa è stare in casa al buio per mesi. Sono gli effetti invalidanti che caratterizzano questa infezione causata da un parassita invisibile presente nelle acque.
In Italia si registra circa un caso ogni tre giorni, mentre nel mondo la patologia colpisce 3 milioni di persone all’anno. Il 60% dei pazienti è di sesso femminile e l’incidenza maggiore si verifica nella fascia d’età più giovane, proprio durante la stagione estiva quando aumentano le attività acquatiche.
Dall’agosto 2024, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha approvato la prima e unica terapia specifica al mondo: un collirio a base di poliesanide, frutto della ricerca italiana, efficace nell’85% dei casi.

“Fino a poco tempo fa per questi pazienti le opzioni terapeutiche erano scarse o nulle, e venivano trattati come meglio si poteva utilizzando preparazioni galeniche o prodotti off-label, privi di dati scientifici d’efficacia e sicurezza e di protocolli di trattamento standardizzati.
Non era solo un problema di terapie disponibili, ma anche di modalità di trattamento: i pazienti erano costretti a utilizzare due o tre colliri ogni ora, senza poter dormire per giorni, e con poche speranze di guarigione”, dichiara Vincenzo Sarnicola, Presidente del Congresso SICCSO e tra i maggiori esperti mondiali di cornea.

Il nuovo farmaco consente somministrazioni ridotte solo durante il giorno per una durata media di circa quattro mesi, ma presenta un vincolo fondamentale: è efficace solo se la terapia viene iniziata entro 30 giorni dall’esordio dei sintomi.
L’accesso tempestivo può evitare il trapianto di cornea nei casi più gravi.

“Fatta eccezione per un unico centro del quale è stata accolta la richiesta, l’accesso anticipato al farmaco si sta rivelando inspiegabilmente problematico.
I tempi troppo lunghi per l’autorizzazione non garantiscono il diritto dei malati alla cura che è efficace solo se somministrata tempestivamente”, puntualizza Sarnicola.
I pazienti con cheratite da Acanthamoeba, molto spesso giovani, nell’attesa di accedere all’unica terapia specifica approvata, stanno affrontando sofferenze inaudite e rischiano gravi conseguenze permanenti, inclusa la possibilità di perdita della vista o dell’intero occhio.
L’appello e la speranza sono che presto l’AIFA possa rispondere a questa esigenza e porre rimedio a tale situazione, mettendo subito la terapia a disposizione dei pazienti che di fatto hanno messo in pausa la loro vita, come è consentito dall’attuale normativa AIFA.
Si tratta di un invisibile patogeno che vive nelle acque, e si attiva come parassita nel momento in cui trova un ospite da cui trarre nutrimento.
Penetra e rosicchia il bulbo oculare, ‘mangiando’ la vista e spegnendo, di fatto, ogni progetto di vita perché la riduzione dell’acuità visiva è permanente”, spiega ancora l’esperto.
Finalmente oggi, come dimostrato da studi clinici, l’innovativa terapia risulta efficace e in grado, per la prima volta, di distruggere l’ameba ed eradicare l’infezione.
Una scommessa vinta che restituisce ai pazienti la speranza di guarire, ma che necessita urgentemente di essere messa a disposizione dei malati per tornare a vivere”, conclude Sarnicola.

I pazienti e le associazioni chiedono ora l’accesso immediato al farmaco tramite il fondo AIFA per i farmaci orfani, nella speranza che la burocrazia non comprometta ulteriormente l’efficacia di una terapia che potrebbe restituire la vista e la vita normale a centinaia di giovani pazienti.

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