Cannabis light nel limbo: il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia europea
Il Consiglio di Stato mette in stand-by il destino della cannabis light in Italia e rimette la palla a Bruxelles. Con l’ordinanza n. 8839 pubblicata il 12 novembre 2025, la Sesta Sezione ha sospeso il giudizio in attesa che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea sciolga il nodo normativo che da anni tiene in ostaggio un intero settore produttivo.
La decisione arriva nel contesto di un ricorso promosso da una coalizione di imprese e associazioni – tra cui Prima S.r.l., Federcanapa, Canapa Sativa Italia, Il Borgo della Canapa e diversi altri operatori del settore – contro i Ministeri dell’Agricoltura, della Salute e dell’Ambiente.
Al centro della disputa c’è il cortocircuito tra le regole europee e quelle italiane: mentre l’UE autorizza la coltivazione di varietà di cannabis sativa iscritte nel catalogo comune con THC entro i limiti stabiliti, la normativa nazionale continua a vietarne l’utilizzo commerciale di foglie, infiorescenze, olio e resina.
Il Consiglio di Stato ha individuato due questioni fondamentali da sottoporre ai giudici di Lussemburgo.
La prima riguarda la possibile violazione dell’articolo 38 del Trattato sul funzionamento dell’UE e dei regolamenti agricoli europei: il divieto italiano impedisce di utilizzare le parti della pianta di canapa legalmente coltivabile secondo le direttive comunitarie, compreso l’olio estratto dai semi, creando un paradosso normativo che blocca un comparto agricolo riconosciuto altrove in Europa.
La seconda questione tocca i principi fondamentali della libera circolazione delle merci (articoli 34-36 TFUE): le norme italiane, basate sul D.P.R. 309/1990 e sulla Legge 242/2016, vietano la produzione e commercializzazione di foglie, infiorescenze e derivati come il cannabidiolo (CBD), anche quando estratti da varietà a basso contenuto di THC conformi agli standard europei.
La sospensione del giudizio non è un atto isolato. Il Collegio ha già disposto analogo rinvio pregiudiziale in un procedimento parallelo (n. 7267/2023), a conferma che la materia presenta profili di incompatibilità sistematica tra diritto nazionale e comunitario che solo la Corte di Giustizia può dirimere.
In attesa della pronuncia europea, migliaia di operatori del settore restano nel limbo. Se Lussemburgo dovesse riconoscere la prevalenza del diritto UE, l’Italia sarebbe obbligata a riscrivere un impianto normativo che oggi tratta la cannabis light alla stregua di quella stupefacente, soffocando un mercato che in altri Paesi europei vale centinaia di milioni di euro.