Covid-19. In arrivo in Italia l’idrossiclorochina donata da Novartis all’Aifa

Arriverà entro pochi giorni in Italia l’idrossiclorochina donata da Novartis ad Aifa per il trattamento di pazienti affetti da COVID-19.

Sandoz, la divisione di Novartis che commercializza farmaci equivalenti e biosimilari, ha infatti ottenuto l’autorizzazione a distribuire l’ingente quantitativo, del farmaco riservato al nostro paese.

La donazione è parte integrante dell’impegno assunto da Novartis di mettere a disposizione 130 milioni di dosi di idrossiclorochina alle autorità sanitarie dei paesi in emergenza pandemia.

L’idrossiclorochina è un farmaco originariamente autorizzato come antimalarico e oggi indicato per il trattamento di alcune malattie autoimmuni, come il lupus eritematoso e l’artrite reumatoide.

Lo scorso 17 marzo l’Aifa ne ha autorizzato la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale quando utilizzato per il trattamento dei pazienti affetti da COVID-19, secondo lo schema posologico indicato nella stessa Determina. Sandoz distribuirà direttamente idrossiclorochina in tutte le regioni italiane.

“L’estrema urgenza di trovare soluzioni per i tanti pazienti con infezione da SARS-CoV-2 non ci consente di rispettare i canoni tradizionali della ricerca clinica e dobbiamo giocoforza fare riferimento ai dati preclinici ed anche alle nostre intuizioni” chiarisce Pierluigi Viale, direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.

“In questo senso – continua Viale – riponiamo fiducia nell’idrossiclorochina, farmaco la cui attività antivirale è nota da tempo, sebbene non sia mai stato oggetto di trial clinici controllati. In più la sua significativa azione anti infiammatoria conferisce a idrossiclorochina un potenziale ruolo come farmaco anti SARS-CoV-2, in grado di agire sia sulla fase di replicazione virale sia su quella di risposta infiammatoria up-regolata”.

“Non sarà certo la tanto desiderata panacea e sicuramente le evidenze sin qui maturate non bastano a definirla tale, ma il suo utilizzo esteso, associato ad un precoce catching dei pazienti sintomatici, rappresenta una strategia coerente, meritevole di essere testata in condizioni sperimentali”, conclude l’esperto.

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